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Drew Struzan: l’artista che ha dipinto i sogni del cinema ci lascia a 78 anni

Quando pensiamo a Star Wars, a Indiana Jones, a Ritorno al Futuro, non vediamo solo i film: vediamo le immagini che li hanno resi eterni. I volti scolpiti nella luce, gli eroi proiettati contro cieli infuocati, le avventure condensate in un solo sguardo. Tutto questo ha un nome: Drew Struzan. L’artista che ha ridefinito il concetto stesso di “poster cinematografico” è scomparso all’età di 78 anni, lasciando dietro di sé un’eredità che va ben oltre l’illustrazione: un linguaggio visivo che ha plasmato l’immaginario collettivo del cinema contemporaneo.

Nato a Oregon City nel 1947, Struzan era uno di quegli artisti che trasformavano il lavoro in magia. La notizia della sua morte, avvenuta per complicazioni legate all’Alzheimer, è stata confermata da The Hollywood Reporter. E anche se la malattia aveva da tempo spento il suo pennello, le sue opere continuavano a parlare, vive e vibranti, come finestre aperte su un’epoca in cui la fantasia si dipingeva a mano.


Dalle copertine rock alla galassia lontana lontana

Il giovane Drew aveva cominciato la sua carriera nel mondo della musica, realizzando copertine di album per artisti come Alice Cooper (Welcome to My Nightmare), i Bee Gees, i Beach Boys, Black Sabbath e Roy Orbison. Ma a metà degli anni ’70, la Hollywood dei sogni bussò alla sua porta. I suoi primi lavori per il cinema furono modesti B-movie – L’Impero delle termiti giganti, Il cibo degli dei – ma bastò poco perché qualcuno si accorgesse del suo talento. Quel qualcuno si chiamava George Lucas.

Nel 1978 Struzan firmò il poster della riedizione cinematografica di Star Wars: un “circus poster” che evocava le locandine d’altri tempi, con composizioni affollate, colori saturi e un’energia quasi pulp. Fu un successo immediato. Lucas lo amò al punto da volerlo come artista di riferimento per la saga. Da quel momento, Drew non smise più di disegnare la leggenda.


Il pittore dei sogni di Spielberg e Zemeckis

Negli anni ’80, Struzan divenne il pittore di fiducia di Steven Spielberg e Robert Zemeckis. Realizzò capolavori che ancora oggi definiscono l’immagine stessa di un’epoca: Indiana Jones e il tempio maledetto, Indiana Jones e l’ultima crociata, Ritorno al futuro e i suoi due sequel. Quando pensiamo a Marty McFly che controlla l’orologio, è l’immagine di Struzan che vediamo, non quella del film.

Ma la sua firma è apparsa ovunque: da Blade Runner a La Cosa di John Carpenter, da E.T. l’extra-terrestre a I Goonies, da Grosso guaio a Chinatown a First Blood, da Big Trouble in Little China a Coming to America. Persino le creature dei Muppet trovarono nella sua mano un tratto poetico e inconfondibile. I suoi manifesti non erano semplici strumenti di marketing, ma opere d’arte destinate a sopravvivere al film stesso.


L’epopea continua: dagli anni ’90 a Harry Potter

Negli anni ’90, mentre Hollywood virava verso la grafica digitale, Struzan restò fedele ai pennelli. Per Lucasfilm creò le locandine delle edizioni speciali di Star Wars (1997) e, più tardi, della trilogia prequel, lavorando anche alle copertine di numerosi romanzi della saga. I suoi poster per Hook, Hocus Pocus e Le ali della libertà (The Shawshank Redemption) sono tuttora tra i più riconosciuti al mondo.

Quando il nuovo millennio arrivò con la rivoluzione digitale, Struzan scelse la semi-pensione. Eppure continuò a sorprenderci: nel 2001 realizzò il poster americano di Harry Potter e la pietra filosofale, nel 2004 quello di Hellboy, e nel 2008 tornò a lavorare con Spielberg per Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. Come un Jedi del disegno, tornò un’ultima volta per un saluto nel 2015, firmando un poster speciale per Star Wars: Il risveglio della Forza.


L’uomo dietro l’artista

Lontano dai riflettori, Drew Struzan era una persona riservata, appassionata e profondamente legata alla famiglia. Sposato con Dylan, padre di un figlio, Christian, e nonno orgoglioso, amava ripetere che dipingere significava “raccontare storie con la luce”. Ogni pennellata era un frammento di cinema tradotto in emozione pura. La sua opera viveva di equilibrio: tra realismo e sogno, tra la precisione fotografica e l’immaginazione senza confini.


Un’arte perduta (ma mai dimenticata)

Con l’avvento del digitale, le illustrazioni dipinte a mano come quelle di Struzan sono diventate una rarità. Oggi i manifesti di Hollywood sono quasi sempre frutto di fotomontaggi digitali, privi di quell’anima imperfetta che solo un pennello sa dare. Eppure, a distanza di decenni, le sue opere continuano a circolare, ad essere ristampate, celebrate e studiate. Perché non erano solo poster: erano portali.

Nei suoi lavori non c’era soltanto il volto degli attori, ma la sensazione del film: il mistero, la promessa di avventura, la nostalgia. Drew Struzan riusciva a catturare ciò che nessuna macchina può generare — l’anima del racconto.


L’eredità del Re delle Locandine

Molti lo chiamavano “il Re del Movie Poster”, ma in realtà Struzan fu molto di più: un ponte tra il cinema e la pittura, un artista capace di far sognare generazioni di spettatori con un solo sguardo. Senza i suoi colori, i nostri ricordi cinematografici sarebbero più poveri, le nostre pareti più vuote, i nostri sogni meno epici.

E forse è giusto così: che l’uomo che ha saputo immortalare l’eterno, oggi viva lui stesso nell’eternità dell’immaginario.

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