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Star Wars: Andor – la multirecensione della redazione dei primi tre episodi della seconda stagione [SPOILER]

Siamo tornati con le immancabili recensioni della redazione per la nuova stagione di Star Wars: Andor, già disponibile su Disney Plus dal 23 aprile, in Italia.


Andor contiene piccole crepe, ma in un affresco straordinario – Kiurlo di Mare

Andor stagione 2

Dopo una lunga attesa, finalmente siamo tornati nella galassia più viva, cruda e reale che Star Wars abbia mai raccontato. Già con la prima stagione Andor si era imposto come un unicum, ma questi primi tre episodi della seconda stagione confermano in modo ancora più deciso una sensazione precisa: Andor è, senza mezzi termini, il miglior prodotto Star Wars di sempre.

La scrittura, la fotografia, la messa in scena, le scenografie, i costumi, i props, persino le musiche… ogni elemento sprigiona un amore maniacale per questo universo. Si percepisce che ogni scelta, ogni dettaglio, è stato pensato e cesellato con una cura fuori scala. Andor non si limita a essere “bello da vedere”: è un’opera da vivere, da sentire, da portarsi addosso.

I primi tre episodi ci accompagnano con una narrazione stratificata e densa. La tensione è costante, ma mai urlata. La costruzione dei personaggi è sottile e chirurgica. Ogni sguardo, ogni silenzio pesa tanto quanto una battaglia spaziale.

Emblematico è l’inizio, con la sequenza del furto del TIE Fighter: un mix perfetto di ansia, azione e adrenalina, che ci riporta immediatamente nel mood fatto di intrighi, ribelli e pericolo costante. Un modo magistrale di riagganciare lo spettatore all’universo di Andor, ricordandogli sin dai primi istanti che qui nulla è semplice, nulla è scontato.

Detto questo, da spettatore innamorato ma il più possibile onesto, devo anche riconoscere che ci sono due aspetti che (pur non intaccando la grandezza di Andor) avrebbero potuto essere gestiti leggermente meglio.

In primo luogo, le scene dedicate ai preparativi e al matrimonio Chandrilliano, seppur visivamente splendide e dense di significato politico e simbolico, risultano molto lunghe e decisamente complesse nei dialoghi. Gli intrighi politici appassionano, certo, ma rischiano di appesantire un po’ il ritmo, soprattutto per un pubblico più generalista.

In secondo luogo, il blocco narrativo che segue Andor tra questi “proto-ribelli” dalle azioni sgangherate e mal coordinate, è sicuramente coinvolgente e adrenalinico, ma rischia di disorientare chi non ha ben freschi i concetti seminati da Saw Guerrera nella prima stagione. Le dinamiche tra questi gruppetti possono sembrare quasi bizzarre, e lo spaesamento iniziale è un rischio reale.

Ma queste sono davvero piccole crepe in un affresco straordinario.

Il colpo al cuore più potente è senza dubbio la morte di Brasso. Un momento raccontato senza retorica, asciutto, e proprio per questo devastante. Un addio che ti lascia il fiato sospeso.

E poi c’è il finale del terzo episodio. Quel ballo allucinato di Mon Mothma, immersa in una musica disturbante e alienante da rave party, è uno dei momenti più alti di questi primi tre episodi della seconda stagione di Andor. Una scena potentissima, visivamente e sonoramente scioccante, che mi ha colpito come un pugno allo stomaco. Non voglio sembrare pazzo, ma mi ha ricordato tantissimo la sequenza di Adele che balla sulle note di I Follow Rivers nel film del 2013: una liberazione e una condanna allo stesso tempo.

Andor non è solo una serie. È una dichiarazione d’amore. E questi primi tre episodi sono, semplicemente, cinema allo stato puro. Carichissimo per i prossimi episodi!

Andor ha la capacità di condensare tematiche complesse e linee narrative multiple – Marco

La scelta di rilasciare tre episodi a settimana mi è sembrata, fin da subito, azzeccatissima. Questo formato permette di proporre in un arco narrativo completo e di assaporare una mini-storia con un suo ritmo e una sua chiusura, pur rimanendo intrecciata a un disegno più ampio. Da spettatore, mi ha dato un senso di soddisfazione immediata – come leggere un capitolo ben definito di un romanzo che sai continuerà a sorprenderti.

Ho trovato questi primi tre episodi decisamente coinvolgenti. Se dovessi stilare un podio, direi che il terzo episodio spicca nettamente: un finale potentissimo, capace di commuovermi fino alle lacrime. Il primo episodio svolge bene il suo ruolo di raccordo, reintroducendo personaggi e atmosfere. Il secondo, purtroppo, mi è sembrato leggermente più debole, quasi un momento di transizione necessario, ma meno incisivo.

Tony Gilroy ha avuto la capacità di condensare – in quello che sembra essere un piano narrativo più ristretto del previsto – tematiche complesse e linee narrative multiple. Tuttavia, non tutto mi è arrivato in modo immediato. Alcune sezioni, come quella ambientata tra le vette innevate del crinale Maltheen, dove gli imperiali discutono su come prendere il controllo di Ghorman, hanno richiesto più attenzione del previsto e una seconda visione.

Nonostante questo, uno dei momenti che mi ha incuriosito di più è stato il parallelismo, credo assolutamente voluto, tra il ministero dell’idelogia e la propaganda nazifascista durante la nostra seconda guerra mondiale. La stessa necessità l’ho avuta per l’intreccio tra Tay Volko, Mon Mothma, Luthen Rael e Davo Sculdun: la sottotrama finanziaria, così centrale, mi è parsa un po’ compressa e affrettata, al punto da rendere poco chiara la motivazione che, molto probabilmente, porterà alla prematura morte di Tay.

Ma se ci sono state delle perplessità, non sono mancate scene di altissimo livello. Il dialogo iniziale tra Cassian e la ragazza infiltrata nel centro di collaudo dei prototipi è di un’intensità notevole, e la scena del furto è gestita con grande ritmo. Ma il centro di tutto è rappresentato dal matrimonio della figlia di Mon Mothma, visivamente magnifico, ma soprattutto emotivamente devastante.

Genevieve O’Reilly, l’attrice che impersona la senatrice, è di una bravura straordinaria e il suo ballo nevrotico, al termine della cerimonia, racconta più di mille parole il peso del suo sacrificio. È una donna che sta perdendo tutto: marito, figlia, amici. E in quel ballo si lascia andare, per un istante, al caos interiore che la travolge. Quella scena, per me, è tra le più potenti viste finora in Andor.

So che ha diviso l’opinione pubblica, ma ho trovato fortissima anche la scena del tentativo di stupro ai danni di Bix. Un momento intenso e terribile, messo in scena con crudezza e senza compiacimento, simbolo della violenza sistemica esercitata dal potere imperiale che pretende di avere il controllo su tutto e quando non lo ottiene è pronto a prenderselo con la forza. È disturbante, certo, ma funziona proprio per questo. È una denuncia, non uno shock gratuito.

Ci sono anche momenti più strani, quasi grotteschi. La cena con Dedra, Syril e la madre di lui è uno di quei frammenti che destabilizzano, e in un modo affascinante. Il disagio che ho provato (volutamente evocato, credo) è stato autentico. La madre di Syril, poi, è un personaggio che definire tossico è dire poco – quasi più minacciosa del villain stesso.

Non mancano dettagli gustosi per i fan più attenti, come il riferimento a Yavin 4 svelato dalle due piramidi Massassi visibili durante la fuga di Cassian dal luogo dove avrebbe dovuto incontrare uno degli emissari di Luthen e dove si svolge uno scontro tra due gruppi di proto-ribelli. Scaramuccia che però non mi ha convinto a pieno, nonostante alcuni momenti… diciamo così… comici.

Dal punto di vista tecnico, ho trovato una buona regia, e un montaggio efficace ma non sempre perfetto. Alcuni passaggi tra scene e luoghi sono un po’ bruschi, ma considerando la quantità di sottotrame in gioco, il risultato resta più che soddisfacente.

Nel complesso, questa prima tripletta di episodi mi ha convinto. Qualche piccola imperfezione, ma una qualità narrativa altissima che non ha paura di osare e che, quando serve, colpisce duro. Un progetto solido, uno stile che emoziona e lascia il segno, convincendomi sempre più che con Andor stiamo assistendo a una delle scritture più mature e consapevoli dell’intero universo di Star Wars.

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